“Mattatoio n. 5” di Kurt Vonnegut


Un tedesco americano di quarta generazione, oggi residente in mezzo agli agi di Cape Cod (dov’è fin troppo schiavo dei vizi del fumo), ebbe modo di assistere, molto tempo fa, come soldato di fanteria hors de combat, prigioniero di guerra, al bombardamento di Dresda, in Germania, «la Firenze dell’Elba», e di sopravvivere per narrarne la storia. Questo è un romanzo scritto un po’ nello stile telegrafico e schizofrenico in uso sul pianeta Tralfamadore, da dove vengono i dischi volanti. Pace.

Per una decina di giorni, verso la fine della Seconda guerra mondiale, Kurt Vonnegut, americano di origine tedesca accorso in Europa, con migliaia di altri figli e nipoti di emigranti come lui, per liberarla dal flagello del nazismo, batté lande tedesche coperte di neve che il suo piede non aveva mai calcato. Fatto prigioniero durante la battaglia delle Ardenne, ebbe la ventura di assistere al bombardamento di Dresda da un osservatorio decisamente sconsigliabile alle persone deboli di cuore: l’interno di una grotta scavata nella roccia sotto un mattatoio, adibita e deposito di carni, nelle viscere della città. Alla fine del bombardamento, che fu uno dei più terribili e sanguinosi nella storia della guerra, quando Vonnegut uscì all’aperto, al posto di una delle più belle città del mondo c’era un’ondulata distesa di macerie sopra un numero incalcolabile di morti. Da questa dura e incancellabile esperienza nacque Mattatoio n. 5, storia semiseria di Billy Pilgrim, eccentrico e svagato americano medio che all’improvviso scopre la miracolosa capacità di viaggiare nel tempo e nello spazio. Strabiliante dote che gli permette di attraversare la storia del Novecento per finire prigioniero degli alieni transdimensionali di Tralfamadore, i quali lo espongono in una sorta di zoo, come esemplare maschio della razza umana, per studiarlo e comprenderne l’essenza.


Mattatoio n. 5 è stato definito definito “uno dei più importanti romanzi contro la guerra che siano mai stati scritti”. I viaggi nel tempo, incontrollabili e arbitrari, e gli alieni di Tralfamadore sono, infatti, un ingegnoso escamotage per denunciare non solo la Seconda guerra mondiale a cui Vonnegut (Pilgrim) ha preso parte, ma l’insensatezza di tutte le guerre. Un viaggio su Tralfamadore è essenziale per comprendere la realtà: ogni guerra è una mostruosa “crociata di bambini”, bambini mandati a morire in nome di ideali folli e scriteriati.

Con intelligenza, ironia e uno stile apparentemente semplice l’autore ci racconta la guerra, le vicende umane e l’esistenza di Billy Pilgrim, saltando da un luogo ad un altro, da un tempo all’altro, dalla vita del protagonista come ottico nell’America degli anni Sessanta, alla sua gabbia nello zoo di Tralfamadore, a Dresda prima e dopo il bombardamento. Ogni viaggio temporale  fotografa un momento diverso della storia degli Stati Uniti, dagli anni quaranta agli anni sessanta, suggerendo un’idea di inevitabilità del destino.

Sono davvero andato a Dresda nel 1967 con i soldi del Guggenheim (Dio li abbia in gloria). Sembrava Dayton, nell’Ohio, solo con molti più spazi aperti rispetto a Dayton. 
Quella terra dev’essere stata fertilizzata da tonnellate di ossa umane.

Su Tralfamadore Billy discute con gli alieni su un insieme di questioni che riguardano l’uomo e il suo destino sul pianeta Terra, cercando, in particolare, una risposta alla domanda che l’autore ritiene più importante: “come può un pianeta vivere in pace?”. E attraverso questo intreccio di realtà e fantasia, Vonnegut sviluppa la propria riflessione antimilitarista.

Il nodo centrale è il concetto di esistenza che l’autore veicola: come ci insegnano gli alieni di Tralfamadore, la vita - e la morte - sono un susseguirsi di azioni che si ripeteranno per sempre e a noi non resta che riviverli continuamente, come in un loop. Si può rimediare agli errori? Non secondo Vonnegut, ed è questo che fa di Mattatoio n. 5 un romanzo potente il cui messaggio è chiaro: la guerra, l’assurda e insensata guerra, ha lasciato un segno indelebile che ha sfregiato il volto dell’umanità, ma come ripete continuamente: l’autore «così va la vita».


Kurt Vonnegut era un grande osservatore della realtà. Che la si chiami fantascienza, saggistica, satira o racconti di guerra, la sua produzione letteraria è una fotografia ricca di colori sugli aspetti brutali e deformi della società. Mattataio n. 5, la sua opera più famosa, è un gioiello che ogni lettore dovrebbe avere nella propria libreria, sia gli appassionati del genere sia i lettori tout-court, poiché si tratta di un capolavoro che mescola poesia e immaginazione e che, unendo uno dei più grandi orrori del Novecento con invenzioni geniali e spassose, regala uno spaccato realistico di quella tragicommedia chiamata vita.

Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli. 
E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c’è da dire su un massacro, cose come puu-tii-uiit?


Kurt Vonnegut è nato a Indianapolis nel 1922. Studente di biochimica, si arruolò durante la Seconda guerra mondiale e, caduto nelle mani dei tedeschi, assistette in prima persona al bombardamento di Dresda dal mattatoio in cui trovò riparo e che ha poi dato il titolo a questo libro. Tornato in America, ha studiato antropologia e lavorato come cronista e pubblicitario, tra Chicago e New York. Riconosciuto come uno dei massimi autori americani, ha pubblicato Ghiaccio-nove, Un pezzo da galera, Piano meccanico e Dio la benedica, Mr. Rosewater, tutti editi in Italia da Feltrinelli. Da Mattatoio n. 5 è stato tratto il film omonimo di Roy Hill nel 1972.

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