“Le donne che pensano sono pericolose” di Stefan Bollmann

Il pensiero è il meccanismo propulsore dell’evoluzione. Pensare è sempre stata considerata una prerogativa esclusivamente maschile, in tutti i suoi significati: capacità di ragionare, di elaborare teorie e ideologie, di amministrare, legiferare, governare, dichiarare guerre. Ma non solo. Abilità di indagare sui misteri dell’anima (loro l’hanno avuta immediatamente e d’ufficio, noi siamo state costrette ad attendere addirittura un Concilio Ecumenico - e nutriamo il fondato sospetto che se ne siano pentiti un quarto d’ora dopo), di riconoscere le proprie vocazioni e di assumere la nobile funzione di guida e di riferimento materiale e morale.

Al femminile invece il verbo pensare è stato declinato con differenti accezioni, meno razionali e più istintive: le donne pensano alla famiglia, ai figli. Se hanno dei pensieri sono preoccupate per qualcosa, inezie che non rivestono un’importanza decisiva.

Le donne che pensano sono pericolose è il titolo provocatorio che Stefan Bollmann, docente all'università di Monaco, ha scelto per la sua ultima opera: una raccolta di 25 ritratti di figure femminile autorevoli, ardite e anticonformiste che, traducendo il loro pensiero in azione, hanno lasciato un’impronta rilevante nella Storia. Modelli straordinari di donne impegnate nella politica, nella scienza, nel giornalismo. Fonti d'ispirazione ancora oggi.

Le donne, com’è ovvio e per fortuna, hanno sempre pensato esattamente come gli uomini, spesso anche meglio. In passato clandestinamente, poi nel tempo in modo sempre più esplicito, assistite da una realtà che sembrava pronta a un importante cambiamento.

Bollmann individua il momento cruciale nell’Illuminismo e nella Rivoluzione Francese, caratterizzati, non a caso, dalla presenza di Olympe de Gouges, ribelle provocatrice che venne ghigliottinata per avere scritto e diffuso una “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, nella quale poneva l'accento sul palese tradimento dei principi di libertà ed uguaglianza per cui tanti si erano battuti.  Ma dopo di lei, e grazie a lei, le donne hanno ricominciato a uscire, a parlare e, soprattutto, a pensare.

Le figure femminili ritratte in queste 200 pagine sono state grandi protagoniste del Novecento. Tutte, ma proprio tutte lo hanno cambiato. Hanno pensato da donne, ma non soltanto tra e per le donne. Hanno compreso alla perfezione che la questione femminile riguarda l'intera umanità e che sul possesso e il controllo delle donne si gioca il destino di tutti. Non a caso molte di loro hanno individuato nella follia della guerra il terreno di scontro risolutivo: in un secolo come il Novecento, straziato da guerre mondiali, il mondo è sopravvissuto grazie alle donne. Da sole, in lutto per gli uomini persi in battaglia, costrette a svolgere ogni tipo di mansione, hanno saputo inventarsi nuovi modi di affrontare la vita. Ognuna di loro ha lavorato, studiato, viaggiato, rischiato perché ci fosse un futuro. E non soltanto per le donne.

Le donne che pensano sono pericolose, perché rappresentano il seme fecondo del futuro che desideriamo: lo concepiscono, lo sviluppano, lo rincorrono. Lo cominciano.

Le donne che pensano sono pericolose, Stefan Bollmann
Piemme, 2014
pp. 200 - euro 15,00 euro

© Riproduzione riservata

2 commenti:

  1. L'ho regalato a mio marito. Ah ah ah :D
    Scherzi a parte, credo sia un bellissimo libro, da regalare in particolare agli uomini maschilisti, paterfamilias, misogini e alle donne che basano tutto sul proprio aspetto fisico.

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  2. È un titolo incoraggiante in una società dove la donna a volte è vista come un oggetto... Un libro che fa pensare e riflettere su noi donne <3

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