“Il condominio” di J.G. Ballard


Il condominio di J.G. Ballard è un romanzo distopico, pubblicato nel 1975, che affronta il tema del declino della natura umana, del suo ineluttabile scivolare verso una condizione quasi animalesca.

Al centro della storia un grattacielo di lusso, futuristico, di 40 piani e con duemila abitanti, che contempla al suo interno, oltre agli appartamenti di design, due piscine, una galleria di negozi, banche e ristoranti. Tutto il necessario, insomma, per consentire una vita agiata senza doversi spostare dal palazzo, o quasi. 

L’edificio, inoltre, è suddiviso nei tre consueti ceti sociali: alto, medio e basso, i quali saranno decisivi ai fini della trama per il disfacimento dell’intera organizzazione.

Questa, più o meno, la struttura del grattacielo. I primi nove piani sono abitati dal c.d. proletariato, composto da tecnici cinematografici, hostess, piloti e simili, dal decimo fino al trentacinquesimo si colloca, invece, la classe media, composta da medici, avvocati, commercialisti e consulenti fiscali. Negli ultimi cinque piani, invece, vive la classe superiore: imprenditori, affaristi, attrici e baroni universitari, coi loro ascensori rapidi e i servizi migliori. Costoro governano le sorti del condominio, decidendo del funzionamento dell’intero edificio.

Lo sgretolamento avrà inizio a causa di una serie di blackout elettrici che scateneranno un effetto domino di situazioni sempre più violente: da quelle che sono piccole scaramucce tra condomini (sui difetti degli ascensori, sull’impianto elettrico mal funzionante, sui posti assegnati nei parcheggi), si arriverà ad un vero e proprio stato di guerra, dove ogni parvenza di civiltà sarà totalmente abbandonata. 

Gli inquilini come impazziti metteranno a ferro e fuoco l’edificio: pattuglie notturne lungo i corridoi bui, barricate di mobili per bloccare gli abitanti dei piani inferiori, graffiti osceni sulle pareti, violenze casuali e saccheggi negli appartamenti. Alcuni cadaveri finiranno annegati nella piscina condominiale. Molti inquilini vagheranno per i diversi piani del grattacielo alla ricerca di cibo arrivando ai limiti del cannibalismo. Le aggressioni saranno all’ordine del giorno, e ben presto l’intero grattacielo cadrà in una spirale di decadenza e isolamento.

Il condominio è un romanzo inquietante ma non realistico, una metafora estrema, che esplora il tema dell’isolamento sociale e del declino dell’essere umano. Il concetto di fondo è quello della regressione dell’uomo, di fronte a particolari circostanze, ad uno stadio primitivo. Nel corso della sua evoluzione, l’uomo ha imparato a dominare i propri impulsi per mezzo del raziocinio, tuttavia più questi vengono frenati più si corre il rischio che esplodano, annullando in un solo colpo tutte le conquiste tecnologiche e sociali per ripiombare allo stato primitivo.

Durante la lettura si prova un forte malessere derivante dalla consapevolezza che, in fondo, la natura umana è imprevedibile e a tratti animalesca. Il dubbio che, in una situazione di questo tipo, tutto possa precipitare come descritto da Ballard è sicuramente un pensiero che una volta nella vita ha toccato ognuno di noi.

È angosciante poi vedere come centinaia di persone restino volontariamente affascinate dal degrado che loro stessi hanno generato, rifiutandosi di abbandonare un luogo malsano, pur potendolo fare. Probabilmente l’intenzione dell’autore è proprio quella di mostrare come il disfacimento del grattacielo corrisponda ad un aspetto perverso della natura umana, e come l’uomo, pur accorgendosi dell'esistenza di un problema, decida volontariamente di ignorarlo.

L’opera di Ballard è soggetta a diverse interpretazioni. Lo stesso autore, peraltro, in un’intervista ha dichiarato che lascia al lettore la scoperta del significato profondo del suo romanzo.

Personalmente, la lettura de Il condominio ha trasmesso un forte e profondo senso di inquietudine e, allo stesso tempo, offerto numerosi spunti di riflessione. Per questo motivo ne consiglio fortemente la lettura. Ma attenzione, perché l’opera di Ballard non è esente da difetti: vedasi l’estrema lentezza e la quasi ossessiva ripetizione di concetti e situazioni. Probabilmente, però, si tratta di caratteristiche volute dallo stesso autore per meglio sottolineare il senso di degrado e disfacimento.

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