“Miele” di Ian McEwan


Un romanzo che mi ha tenuto compagnia in questi ultimi giorni è Miele di Ian McEwan, scrittore contemporaneo che amo molto. Miele non è di certo il suo capolavoro – che, per me, resta Espiazione -, tuttavia, è una storia godibile e ben scritta che vale sicuramente la pena leggere. Si tratta pur sempre di McEwan!

1970, Inghilterra. Serena Frome è una bella ragazza inglese, figlia di un vicario di provincia, con una mediocre laurea in matematica. Troppo tardi, a Cambridge, si rende conto di avere seguito una vocazione errata, ma rimedia diventando prima allieva e poi amante di un fascinoso professore di storia, il quale prima di abbandonarla e scomparire la raccomanda per un impiego a Londra, nell’MI5. 

Lo stipendio è da fame e l’attività parecchio squallida. Dopo mesi passati a catalogare scartoffie, la prima operazione sul campo che viene affidata a Serena si sostanzia nel fingersi una domestica e raschiare strati di lerciume da un appartamento utilizzato come base, dove trova una traccia del professore scomparso che, nel frattempo, si è rifugiato in un’isoletta ed è morto. 

Ma non è questa la storia che McEwan vuole raccontare. La storia che vuole raccontare è un’altra e riguarda il successivo incarico della protagonista. 

Sulla falsariga della Cia, che finanzia senza palesarsi l’attività di intellettuali schierati contro il blocco sovietico, gli inglesi intendono fare lo stesso in casa loro, sovvenzionando scienziati, architetti e via dicendo, purché appaiano anticomunisti. 

L’obiettivo da conquistare è Tom Haley, giovane scrittore autore di numerosi articoli contro le rigidità del totalitarismo sovietico. Serena, considerata dai Servizi Segreti un’esperta di letteratura - legge romanzi in edizione tascabile -, viene chiamata ad esprime un parere su di lui. Di conseguenza, lo contatta e gli spiega che un ente filantropico, dietro cui si nascondono i Servizi, vuole corrispondergli un lauto compenso mensile per due anni senz’altra condizione che quella di dedicarsi a tempo pieno alla sua vocazione di narratore. Haley accetta, e com’è prevedibile instaura una bollente relazione con Serena.

Ma non è finita qui. La vicenda, infatti, serba molte sorprese e ha un finale che sconvolge la trama e conduce a ripensarla in diversi termini.

Miele non è una storia di spionaggio e neppure una storia romantica. McEwan si concede un gioco puramente letterario con protagonista sé stesso. Tom Haley, infatti, come l’autore, è dottorando all’università del Sussex e ha esordito con racconti a sfondo inquietante. Inoltre, sempre come McEwan, Haley stringe rapporti d’amicizia con Ian Hamilton, Martin Ammis e altri giovani letterati famosi. E probabilmente si comporta come avrebbe fatto lo scrittore nella situazione descritta dal romanzo: la proposta da parte di una bella donna di sesso, denaro e libertà di creare viene sfruttata da Haley come occasione per raccogliere materiale al fine di scrivere una storia. Storia che ha come punto di vista proprio quello della donna in questione - descritta come una corruttrice senza scrupoli. Geniale, direi!

E dietro la vicenda è facile cogliere la pesante critica di McEwan all’utilizzo strumentale dell’arte dello scrittore ai fini politici. Se solo la storia che dà l’ossatura fosse solo di poco più interessante staremmo parlando di una ciambella col buco. Tuttavia, McEwan resta sempre McEwan, e quindi non posso fare a meno di consigliare la lettura di Miele.

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