"Diario di una trascurabile catastrofe" di Laura Moriarty

Titolo: Diario di una trascurabile catastrofe
Autrice: Laura Moriarty
Editore: BUR
Pagine: 368
Prezzo: 11,90 €
Pubblicazione: giugno 2011

A volte il destino è come una fascinosa opera d’arte espressionista, alla Francis Bacon: ne restiamo così presi che non ci rendiamo conto di ammirarla dal verso sbagliato, oppure lo crediamo (e lo desideriamo) lineare quando invece risulta ricolmo di pieghe e deviazioni... E’ banale dirlo, ovvio che non si possa sapere cosa il destino abbia in serbo per noi nel corso della vita, ma d’altro canto è una “banalità” su cui si fonda, appunto, la nostra esistenza quotidiana...

Quotidianamente ordinaria – ovvero banale, appunto – è anche la vita di Veronica, la protagonista di Diario di una trascurabile catastrofe, ultimo romanzo di Laura Moriarty: diligente studentessa al secondo anno di college, una buona carriera nel futuro prossimo, un ragazzo che la ama, buone amiche con cui trascorrere il tempo libero. Se non che quella che pare una tranquilla, lineare, fors’anche piatta quotidianità, si rivela d’improvviso un labirinto di deviazioni, angoli, spigoli taglienti, ostacoli improvvisi: quello che non dovrebbe – lei crede – succedere accade, d’un tratto il suo mondo sembra capovolgersi, e soprattutto i riferimenti di una pur giovane vita e del prossimo futuro vengono meno. Veronica si ritrova in una specie di limbo, una bolla sospesa che le si stringe sempre più addosso, dalla quale pare perdere il controllo sulla sua quotidianità, e nella quale subisce ciò che gli accade intorno, quasi del tutto incapace di reagire e di prendere quelle “giuste” decisioni che, fino a poco tempo prima, formulava come nulla fosse. Ma, in un modo o nell’altro, può anche essere che quel destino rivelatosi tanto spigoloso e incurvato, a furia di deviazioni, possa tornare nei pressi della originaria e giusta direzione - o che almeno si vorrebbe fosse tale – sicché basta un niente per raddrizzarlo alla bell’e meglio, rimettendo le cose nel verso migliore...

Laura Moriarty è stata paragonata dalla critica a Jodi Picoult: di sicuro, come la collega sceglie di rappresentare nei suoi romanzi storie di ordinarissima quotidianità, di quelle che – per usare un’espressione tanto futile quanto abusata – chiunque di noi potrebbe vivere nella propria vita. Storie che, per tale loro “abituale” natura, potrebbero facilmente rivelarsi poco interessanti e/o coinvolgenti, oltre che prive d’un reale valore letterario – e infatti di volumi del genere gli scaffali delle librerie traboccano... Tuttavia, la Moriarty riesce nel difficile compito di non cadere mai nel banale (nonostante quanto ho affermato poco sopra) e nel non svuotare mai di interesse la sua narrazione: ciò grazie a uno stile molto leggero, pacato, semplice eppure bello tondo, capace di girare intorno ai personaggi e di guardarli in viso e nell’animo, di penetrare negli eventi con uno sguardo curioso e vivido, di camminare con passi tranquilli e distesi a fianco del tempo lungo il quale la storia si svolge... Uno stile sicuramente “confidenziale”, ma di quella confidenza non da bar, con il chiasso intorno e mille motivi di distrazione, semmai da salotto, sedute tranquillamente sul divano, qualcosa da bere sul tavolino di fronte, in un pomeriggio di tempo incerto, quando è bello e mai noioso chiacchierare a lungo anche di cose “importanti”, che per tutto questo restano però piacevoli, appunto...

Brava, Laura Moriarty, è anche nel tratteggiare l’intreccio affettivo e sociale dei rapporti tra i protagonisti: tra Veronica e la madre soprattutto – alla fine le due figure principali del romanzo - ma anche con il padre, burbero e un poco ambiguo, con la sorella Elise, “lontana” in molti sensi dagli eventi familiari, con le compagne di università... E con il simpatico e tenero Bowzer, il cane che in fondo resta l’unico vero “compagno” della madre, in difficoltà dopo il divorzio. Non vi sono eccessivi sprofondamenti psicologici, tediose riflessioni sociologiche o altro del genere: no, il tono è sempre confidenziale, come se la Moriarty volesse restare costantemente neutra nella narrazione dei fatti e delle gesta dei protagonisti, lasciando a chi legge il romanzo non tanto la facoltà di giudizio (che non serve nemmeno, qui) quanto la possibilità e la libertà della mente di trasformare in percezioni e immagini le suggestioni che la lettura sicuramente suscita.

Ho letto di Diario di una trascurabile catastrofe che sia un romanzo di formazione... Forse è eccessivo, è più un romanzo che racconta la deformazione prima – della vita quotidiana, per come lo impongono gli imprevisti e le bizzarrie del destino (vedi la citata arte di Bacon, appunto), e di affermazione, poi, della vita stessa, e della speranza che possa comunque sempre riprendere la giusta direzione, pur tra i mille imprevisti e le conseguenti difficoltà...
Lettura certamente consigliabile.

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