Erika Corvo
Interviste
Intervista: Erika Corvo
Buongiorno a tutti. Oggi è venuta a trovarci Erika Corvo. Benvenuta, Erika. Accomodati nel nostro salottino virtuale. Iniziamo subito con le domande di rito. Puoi raccontare ai nostri lettori chi sei e cosa fai nella vita?
Ciao a tutti e grazie di avermi concesso questo spazio!
Sono nata a Milano nel 1958. Sono così vecchia che quando hanno girato "Jurassic Park", Spielberg voleva me al posto del T-Rex. Non mi hanno presa perché sono così tonda che avrei occupato tutto lo schermo. Rexy era più snello, stazzava solo tre tonnellate.
Per riassumere brevemente la mia vita, ho avuto mezzo secolo di casini a non finire. Tanti, al mio posto, si sarebbero arresi. Qualcuno si sarebbe sparato. Qualcun altro avrebbe combattuto con le unghie e coi denti come ho fatto io. Una volta ho letto una frase, che ho deciso di fare mia: “Non si tratta di subire l’esistenza, ma di trasformarla”. Ho cercato di trasformare in dono tutto quello che mi succedeva di cattivo. In una canzone di Paola Turci c’è una frase mitica: “Combatterò questa paura che ora mi libera”. Ed è quello che ho fatto io: ho usato la mia situazione infernale per farmi crescere le ali e volare via. Non è una pubblicità della Red Bull.
Ho alle spalle un passato difficile, fatto di due matrimoni disastrosi e difficoltà economiche a non finire: situazione in cui ho potuto contare esclusivamente sulle mie forze per rimanere a galla. Qualche giorno fa, un amico, commentando un mio stato particolarmente felice, ha detto: “Ti invidio” Gli ho risposto che la sola cosa che mi si possa invidiare è la pazienza e la tenacia con cui ho tenuto duro, tenendo sempre presente che non avrei potuto morire in pace senza prima aver pubblicato i miei romanzi. Eh, sì. Potrà sembrarvi strano, ma avevo giurato a Brian Black, il protagonista di “Fratelli dello Spazio Profondo”, che gli avrei dato vita. Ci sono riuscita. Ci ho messo sedici anni( ho scritto 'Fratelli' nel ’97), ma ci sono riuscita. Capite che pazienza? Vedo che il racconto piace e vende bene, poi chi vivrà, vedrà.
Quale è stato il momento esatto in cui hai sentito il desiderio di passare da semplice lettrice e spettatrice a protagonista e artefice di nuove storie? Insomma, quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
Signore Iddio, questa domanda presuppone una persona felice che sviluppa una sua passione, magari supportata e condivisa da amici e familiari. Qui è tutto l'opposto, ho sempre avuto tutti contro. Se il mondo in cui ti trovi non ti piace più, cominci ad inventarne un altro; come i bambini che inventano gli amici immaginari quando non ne hanno di reali. Le favole che ti racconti da sola per riuscire ad addormentarti serena quando ti sei sposata con un poco di buono, disonesto, geloso e violento, giusto per andartene di casa. Per dimenticare il frigo vuoto, il bambino che non ha vestiti e i soldi che non ci sono. Le favole erano così belle che volevo metterle nero su bianco perché non andassero dimenticate. Di nascosto da tutti, ovviamente, perché quando non ci sono i soldi per mangiare, anche comprare i fogli e le biro è una spesa folle. Se l’avesse saputo “lui”, avrebbe bruciato tutto. Ho preso la patente di nascosto, ho studiato di nascosto, ho preso il rec di nascosto… quasi tutto quello che ho fatto, l’ho fatto di nascosto. Il tempo passa. Divorzio dal primo disgraziato e ne trovo uno peggiore. Io continuavo a scrivere. I figli sono diventati due. I lavori che ho fatto per sopravvivere sono diventati mille. Parrucchiera, cartomante telefonica, vendita porta a porta, baby sitter, dog sitter, stiratrice, cuoca a domicilio, bricolage domestico nelle case altrui, autista privata, ricamatrice, stiratrice, ripetizioni ai ragazzi delle medie, badante, spesa a domicilio e tanti altri. Poi tornavo a casa e spaccavo la legna per la stufa, sbiancavo i muri, costruivo i mobili con sega, martello, cacciavite e black e decker; ho messo insieme un impianto elettrico (facendo saltare tutto in aria un paio di volte, ma sono ancora viva), e ho cresciuto i figli. Come nelle favole, un giorno il cattivo muore. Piangerlo? Gesù, mi sono messa a ballare! Mia figlia aveva sei anni, e alla notizia della morte del papà, il suo unico commento è stato: "Meno male, non lo sentiremo gridare mai più!". Anche se la situazione economica era più triste che mai, adesso ero libera. Potevo scrivere in qualsiasi ritaglio di tempo libero! E riempiendo una riga alla volta, pagina dopo pagina, un anno dopo l'altro, sono venuti fuori nove romanzi: primi tre, definiamoli “sperimentali”; gli altri sei, uno più bello dell’altro. Mai fatti vedere a nessuno: a casa, per i miei figli, erano comunque (ed è così tuttora) tempo perso e risorse sottratte a loro. Adesso che i figli sono diventati grandi, è arrivato il tempo di fare qualcosa per me.
Hai esordito con il romanzo “Fratelli dello spazio profondo”, primo di una serie di quattro racconti. Di cosa si tratta?
Per farla proprio breve, un giovanissimo pirata spaziale, Brian Black, si vendica dei politicanti corrotti che hanno causato la rovina del suo pianeta natale. La storia è narrata in uno stile assolutamente particolare. Viene raccontato di volta in volta dai protagonisti, spesso con punti di vista diametralmente opposti, in un susseguirsi di circostanze drammatiche all’interno di contesti sempre diversi. Azione, dinamismo, battaglie, rapimenti, invenzioni geniali e colpi di scena intercalati da riflessioni, sentimenti e drammi umani. Fantasia. Suspense. Intelligenza. Violenza e dolcezza. Psicologia. Scienza. Strategia. Ecologia. Carica emotiva dirompente. Capacità di coinvolgimento. Personaggi dotati di anima, cuore e cervello. Estro creativo. Proprietà di linguaggio. Un caleidoscopio di situazioni a trecentosessanta gradi in una trama avvincente e coinvolgente, che non permette di allontanarsi dal libro se non dopo aver letto la parola fine. E che altro volete, da me?
La stesura di questo romanzo risale al 1997 ma è stato pubblicato soltanto a Febbraio del 2012. Come mai è trascorso così tanto tempo?
Perché ero troppo occupata a sopravvivere per avere qualcos’altro per la testa. Nel 2010 ho trovato un posto come badante presso la suocera di un architetto. Un giorno questi mi dice che, per principio, non legge libri scritti da donne, in quanto li trova troppo melensi e sdolcinati. Gli porto uno dei miei lavori e gli dico: bene, leggi questo, l'ho scritto io. Nonostante fossero più di quattrocento pagine scritte a mano, l'ha letto d'un fiato. Poi mi ha regalato un vecchio computer che teneva in montagna e mi ha detto: copialo e presentalo a qualcuno. È veramente bello. Se non hai il computer, non pubblichi. Gli editori, i libri scritti a mano, neanche li prendono in considerazione. Brian Black è nato nel 96 da una cartolina con la foto di Brandon Lee che avevo comprato e tenevo appesa accanto al letto (e ce l'ho ancora). Ma nemmeno sapevo chi fosse! Mi sono detta: " che bel tipo, quasi quasi gli cucio addosso un personaggio, e poi gli invento una storia su misura." E così è stato. "Il Corvo" l'ho visto solo qualche anno più tardi. La prima avventura che ho scritto di Brian non è “Fratelli dello Spazio Profondo”, ma “Black Diamond”, racconto che non ho ancora proposto a nessun editore. Troppo acerbo, troppo ingenuo, troppo scarno, praticamente ancora un esperimento letterario. Ora è venuto il momento di riprenderlo in mano e migliorarlo nei punti deboli. Appena avrò finito, sarà pronto per la pubblicazione. Ad un certo punto di questa prima storia, “Black Diamond”, la protagonista femminile chiede a Brian quale sia il suo passato. E allora non solo me lo sono chiesta anch'io, ma ci ho pensato su e ne ho fatto un romanzo sulla gioventù di Brian, "Fratelli dello Spazio Profondo", appunto. Del ciclo spaziale fanno parte altri due romanzi: "Diamond, il mio miglior nemico" e "Diamond, tutto è possibile". Ma devo ancora trascriverli sul computer, sono scritti a mano!
E’ vero che prima di mettere insieme del materiale sufficiente per la storia sei dovuta “tornare a scuola”, chiedendo in prestito i libri di tuoi figlio e dei suoi compagni?
Detesto gli autori che scrivono senza sapere quello che dicono, e che infarciscono i loro racconti di controsensi e assurdità. Sapevo quello che volevo scrivere e dove trovare quello che mi serviva per farlo. Nonostante le mie finanze, ho letto migliaia di libri (sul serio). Quasi tutti trovati, non comprati. E' incredibile quello che la gente butti via. Davanti alla biblioteca di quartiere c'è un cassonetto dove la gente porta i libri di cui vuole disfarsi, e lì ho trovato di tutto. Poi hanno inventato i cassonetti bianchi del riciclo, e anche lì si trova roba buona, magari neanche mai sfogliata. Ogni tanto vai in un grande magazzino e fai finta di sfogliare, e invece non ti muovi finché non ti sei letta mezzo volume, facendo attenzione a non sciuparlo. L'altro mezzo torni il giorno dopo a finirlo. Ci sono le biblioteche e gli amici dei figli, che ti danno in prestito tutto quello che ti serve. Per la stesura di Fratelli, sono andata a spulciare i mille volumi che ha scritto Piero Angela per trovare qualcosa sui viaggi a velocità luce. Mi sono sciroppata gli autori classici greci e latini e le biografie di Cesare, Annibale (mitico!), Alessandro il Grande (che fior di personaggio!) e Ramses per la strategia militare. Gli amici di mio figlio si sono liberati di odiosi tomi di chimica e fisica e li ho presi in consegna io per le trovate geniali. Uno di loro mi ha infiltrato in una crew di writers per poter descrivere il gergo delle bande giovanili. Un'avventura nell'avventura, insomma. È troppo bello, mettersi a scrivere libri!
Al momento non sono stati ancora pubblicati gli altri tre episodi che dovrebbero completare la serie: stai ancora lavorando alla loro realizzazione oppure sono già stati completati e stai tenendo sulle spine i tuoi lettori?
Come dicevo prima, sono già tutti pronti. Devo solo trovare il tempo di copiarli, poi li farò uscire. Magari uno all’anno, al massimo, due.
Sempre nel 2012 è uscito “Blado 457 – Oltre la barriera del tempo”. Anche questo, da quanto si legge dalla presentazione, è il primo di una serie di quattro racconti ambientati in un futuro postatomico. Spiegaci meglio di cosa si tratta.
Per diciassette anni ho fatto vendita porta a porta, vagabondando su e giù per tutta la Lombardia. Completamente sola da mattina a sera, pioggia, sole, neve, vento, e due bambini a casa. E mentre sei in macchina, a che pensi? Inventi storie, altri amici immaginari che ti tengano compagnia, e che ti dicano che anche quella sera tornerai a casa sana e salva e con qualche soldo in tasca o con frutta e verdura raccolta durante il viaggio. Ero dalle parti di Bollate, ferma davanti ad un passaggio a livello, e su un muretto c'era il tag di un writer (ovvero un nickname scritto con le bomboletta di vernice spray), appunto Blado, seguito da un numero. Non avevo ancora inventato nessuna storia, quel giorno. Come nasce una storia? Blado. Chi potrebbe essere uno che si chiama Blado? Sembrerebbe il nome di un guerrigliero, da Blade, lama. E il numero? Sarà un guerrigliero post-atomico, dove la gente ha i numeri al posto del nome. E perché dovrebbero avere dei numeri? Non ce l'hanno un padre e una madre? Evidentemente, no. Non ce li hanno, perché non ci sono più donne, e i bambini vengono allevati dalla comunità. Che comunità del cavolo è, che non permette ai bambini di conoscere la loro mamma? Una roba aberrante, da cui scappare. E dove scappa, allora? Via, lontano. Cerca di creare qualcosa di più umano, lontano dalle radiazioni, visto che è un mondo post-atomico... Beh, insomma, tutta una concatenazione di idee, una dietro l'altra. E come dice Vasco, "a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono, e non si ricordano più..." Quando si è alzata la sbarra del passaggio a livello, Blado 457 esisteva.
Lo scorso Gennaio è uscito “Tutti i Doni del Buio”, il secondo episodio della serie iniziata con “Blado 457”. Cambiano i protagonisti e anche il punto di vista della narrazione, giusto?
Giusto! E’ una saga nata a ritroso. Tutto nasce dal mio mondo reale, popolato di “brava gente” che ha cercato di farmi tutto il male possibile e di reietti della società, che si sono fatti in quattro per aiutarmi. Nella mia realtà, i brutti e i cattivi che ho incontrato, avevano solo un aspetto diverso, ma erano esseri dal cuore d’oro. Quelli in giacca e cravatta erano squali assetati di preda. Nel mio mondo di carta ho replicato la realtà, inventando mille mostri dalle forme e dalle peculiarità più svariate, dotati di animo sensibile e grande intelligenza. Nei miei romanzi, di solito sono il genere umano e l’ordine costituito a fare una pessima figura. "Tutti i doni del Buio" è il seguito del ciclo post-atomico iniziato con "Blado 457", ma narra di fatti che accadono qualche secolo più tardi. È ambientato in Grecia, o quantomeno, tutti i personaggi hanno nomi greci. I protagonisti sono gli Shakars: mutanti semiumani che per le loro peculiarità vengono definiti “i Signori del Buio”. Vivono di notte, possiedono la vista agli infrarossi e comunicano con gli infrasuoni (per l’appunto, “i doni”). Ma sono la trasposizione in chiave fantascientifica (o fantasy) di tutte le minoranze etniche sterminate senza ragione alcuna: negri, nativi americani, nativi amazzonici, ebrei, zingari, gay, e tutto il resto. Selvaggi, incivili, esseri inferiori, animali di sembianza umana… con quante offese sono state denigrate, queste minoranze? La loro unica colpa era di essere liberi e, per alcune, di non voler avere niente a che fare con l’uomo bianco: questo le rendeva colpevoli e punibili con il genocidio e lo sterminio. In realtà erano solo culture differenti dalla nostra. Nel mio romanzo, le due razze (umana e Shakar) si scontrano, e almeno in un caso, s’incontrano. Una tenerissima storia d’amore, di amicizia e lealtà, in un ambiente pregno d’ingiustizia sociale e prevaricazioni di ogni genere.
L’auto-pubblicazione non è ben vista, soprattutto in Italia, perché si tende a credere che chi sceglie di autopubblicarsi lo faccia perché non voglia rischiare di essere respinto da un editore “serio e professionale” o proprio perché non ha superato la fase di valutazione. Qualcuno ritiene addirittura che alcuni autori siano talmente presi di sé da non voler nemmeno sottoporsi a esami o critiche da parte di chi non capirebbe la loro opera e scelga di proposito di gestire il proprio lavoro come meglio crede. Tu che sin dalla tua prima pubblicazione hai scelto di affidarti al servizio di self-publishing “Youcanprint”, sei alla tua terza esperienza letteraria e quindi sai bene come funziona, cosa risponderesti a chi tende a discriminare in modo così pesante i servizi di self-publishing?
E qui comincia l'avventura. Il problema non è sottoporsi o meno alle valutazioni degli editori, almeno per quanto mi riguarda. Ho imparato a servirmi di internet e ho iniziato a presentare uno dei miei lavori a tutte le case editrici che pubblicassero fantascienza. Pensavo, e sottolineo pensavo, che una casa editrice selezionasse il materiale ritenuto migliore e che su di questo investisse un certo budget per poi averne un ritorno. Magari anche voi pensate la stessa cosa. Invece non funziona così. Tutte, e dico tutte, hanno risposto a distanza di qualche settimana dichiarando che il mio lavoro era bellissimo, ben scritto, assolutamente inusuale, e che li aveva lasciati molto impressionati. Dopodiché veniva la richiesta economica. Soldi. Tanti soldi. Che io, ovviamente, non possiedo. Per darvene un'idea, mi hanno chiesto dai 600 ai 3600 € per pubblicare il mio romanzo. In cambio di che? Di 5 centesimi per ogni copia venduta. Sì, sì, non è un errore di stampa, ho detto proprio 5 centesimi a copia. Non posso farvi i nomi pubblicamente altrimenti mi querelano, ma se mi contattate su facebook ve li do in privato. Allora ho provato con i concorsi editoriali, sia di case importanti e conosciute, sia di case minori! Su internet ne ho trovati una discreta quantità, per scrittori emergenti e non, con la dicitura "consegna il tuo racconto inedito entro il giorno tale del mese talaltro". Vai su internet il giorno dopo il termine fissato, e scopri che i concorsi, scaduta la data, sono ancora attivi e la sola differenza è che la data di scadenza è stata posticipata di un paio di mesi. E il gioco continua. Un concorso sembrava un tantino più serio degli altri, un concorso a livello nazionale che si svolge ogni anno, dove i primi tre classificati vincono la pubblicazione del loro romanzo. Vincono cosa? Mi comunicano via telefono che sono fra i primi tre classificati, e che stanno per spedirmi, con tanti complimenti e congratulazioni, la proposta editoriale. A pagamento, naturalmente. Volevano 2000 euro. Gli ho risposto che a quella cifra mi avrebbe pubblicato qualunque editore, anche se avessi scritto La Vispa Teresa fra l’Erbetta, e senza bisogno di vincere niente! Cosa posso dedurre da tutto questo? Che i signori editori hanno i loro grandi nomi, i “soliti noti”, e si basano solo su quelli, per fare cassa. Perché dovrebbero rischiare investendo sugli esordienti? Con questi ultimi, usano una strategia diversa: raccolgono attentamente tutti i racconti inediti dell'anno, selezionano i pochissimi che ritengono più che validi e idonei alla pubblicazione in modo da avere la certezza assoluta di un cospicuo ritorno economico, dopodiché chiedono lo stesso tutti i soldi necessari agli autori. Loro non rischiano niente, non investono niente, non spendono niente. Guadagnano tutto. Grazie a Dio esiste il self publishing. Ma puoi pubblicare il più bel libro del mondo, che senza pubblicità non lo venderai a nessuno, oltre che a tuo fratello e tuo cugino. La pubblicità è il novanta per cento della vendita. Devi quindi farti un mazzo così a promuovere i tuoi lavori: tempo, risorse; e se ne hai, anche soldi, da investire in pubblicità! Anche qui c’è poi uno sfruttamento fenomenale da parte di decine di fantomatici recensori, blogghisti, agenzie di servizi editoriali e che altro, che vendono più fumo di quanto ne produca una mandria di locomotive a vapore. Un consiglio agli esordienti? Scegliete una persona che stia sulle scatole a tutti e fatela fuori. Pare che l’unico modo di pubblicare un libro e avere pubblicità gratis in tv, sia diventare un criminale. Come hanno ottenuto, ad esempio, Amanda Knox, Cesare Battisti, Felice Maniero, Renato Vallanzasca, il comandante Schettino, Salvatore Parolisi, Alberto Stasi, Raffaele Sollecito… Poi c’è quel deficiente che ha ammazzato la prostituta e ne ha fatto un romanzo, pubblicizzato direttamente sul tg di Italia uno. Ho saputo in questi giorni che anche Pietro Maso ha scritto un romanzo con le sue memorie, pubblicato con un grande editore e ben pubblicizzato in tv. Se però non vi sentite di commettere un omicidio, sappiate che ha pubblicato anche Monica Lewinsky… Uscirò a breve con altri romanzi, ma se non mi vedrete in libreria, saprete che è perché non ho guai con la legge e non faccio p… al presidente degli Stati Uniti. Ma per farti pubblicare gratis da un grande editore, devi avere per forza ammazzato qualcuno? La prima legge del marketing è investire per avere dei ritorni. Se pubblica solo quell'autore che ha duemila o tremila euro da spendere, indipendentemente dalla qualità di quello che ha scritto, e non è l'editore stesso ad investire nel materiale che ritiene più valido, il risultato è che quello che sta in libreria non interessa a nessuno. Non si comprano più libri? E che vi aspettavate? Pubblichino gratis chi merita, non chi arriva dal Grande Fratello. Scusate se mi sono dilungata, ma ci sarebbe ancora tanto da dire…
Terminate le domande di rito, che ne diresti di passare a qualcosa di più informale prima di chiudere? Per esempio, spesso ho chiesto ai nostri ospiti di parlarmi di sé come lettori. Tu cosa ami leggere di solito? Ti concentri su dei generi in particolare oppure ami spaziare?
Eh, bella domanda! Ho letto migliaia di libri, e non esagero. Fino a sedici, diciassette anni, sono uscita di casa solo per andare a scuola, e tutto il mio tempo l'ho passato a consumarmi gli occhi sui libri che mio padre aveva in casa; fortunatamente una biblioteca ben fornita! Ma da dopo sposata, chi ha mai più avuto i soldi per comprare un libro? Io leggo quelli che gli altri lasciano in un apposito scaffale davanti alla biblioteca comunale, dove si mettono i libri di cui uno si voglia disfare, in modo che qualcun altro possa leggerli invece di buttarli nel cassonetto bianco. Attualmente ne ho in casa solo un migliaio: di più non ce ne stanno. E ogni volta che sbianco i muri devo per forza disfarmi di qualche centinaio di volumi che continuo a portare a casa e accumulo nei mesi . A quali resto più legata? A tutti quelli scritti da Robert Heinlen, Robert Sheckley, Ursula Le Guin, e poi Marion Zimmer Bradley, l'infinita serie degli Urania, la collana Cosmo dell'Editrice Nord, l'esilarante e splendida trilogia del Piccolo Popolo dei Grandi Magazzini, di Terry Pratchett. A tutto quello che hanno scritto Piero Angela, Giovanni Guareschi, Luciano De Crescenzo, Conrad Lorenz, Kipling, Victor Hugo, Bear Grylls, Valerio Massimo Manfredi, Anthony De Mello, Zacharia Sitchin, Graham Hankhock, Pirandello... E ancora tomi di psicologia, patologia forense, medicina, grafologia, psicologia evolutiva, etologia comparata, astronomia… e come faccio a citare tutti? Solo gli Urania e i Cosmo erano centinaia! Ma anche se la fantascienza è stata il mio grande amore, ho sempre letto qualsiasi, e dico qualsiasi cosa avessi tra le mani. Anche la Bibbia. Quando arrivano i Testimoni di Geova scateno furiose polemiche perché la conosco meglio di loro! Adesso mi stanno alla larga, non trovano argomenti per ribattere!
Qual è il tuo libro preferito in assoluto?
Con tutto quello che ho citato nella risposta precedente, l’unica sarebbe tirare in aria una moneta… O no? Se dovessi fuggire nel cuore della notte per un terremoto e potessi portar via un libro, scusate ma porterei via “Diamond, il mio miglior nemico”, il terzo della serie di Brian Black. Non è che pecco di immodestia, ma gli altri libri li puoi sempre ritrovare in qualsiasi libreria… quello, invece, deve ancora uscire!
Qual è secondo te il libro più sopravvalutato?
La Bibbia. E’ un libro storico. Non c’è religione, là dentro. Ci sono, casomai presenze inquietanti in un contesto storico dove la testimonianza scritta dovrebbe servire più da campanello d’allarme, che da testo religioso.
E l’autore più sopravvalutato di sempre?
Mah, ce ne sono tanti…
Un libro che, al contrario, ritieni sia stato sottovalutato da tutti e che meriterebbe maggiore attenzione?
Tra questa domanda e quella di prima, potrei mettere giù un elenco più lungo delle Pagine Gialle…. Meglio sorvolare, direi! Anche perché facendo o non facendo un nome, per un verso o per l’altro, si incazzano tutti gli altri…
Ti sei mai affezionata o magari innamorata del protagonista di un libro? Se sì, chi?
Il personaggio che amo di più, in assoluto, è Brian Black. Cocciuto, ribelle, indomabile, coraggioso, intelligente, determinato, spietato e crudele eppure profondamente sensibile e umano, alla ricerca di giustizia con il mitra in mano. Un maledetto bandito capace di farsi amare, e un disincantato capace di incantare. Il guerriero dell’impossibile, che ho creato per continuare a combattere tutte le volte in cui sono stata io a credere di non farcela. Per continuare a crederci, lungo tutti i secoli in cui l’unico amico è stato lui. L'amico più prezioso, che ha saputo infondermi la certezza che ci sia sempre una via d'uscita. Che finché lui fosse riuscito a cavarsela nell'impossibile, ci sarei riuscita anch'io. Grazie, Brian. Mi hai salvato la vita. Se non ti avessi creato, avrei dovuto inventarti.
Grazie per essere stata con noi. Buona fortuna per il tuo lavoro.
Grazie a te e grazie a tutti quelli che leggeranno tutto questo! Un bacio a tutti, ci risentiamo al prossimo romanzo: Black Diamond!
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