“Lettere da Babbo Natale” di J.R.R. Tolkein


Esistono opere in grado di far riemergere la magia dell’infanzia. Della mia ricordo, con particolare affetto, le festività natalizie. Quando ancora credevo nell’esistenza di Santa Claus e aspettavo con ansia il suo arrivo, il Natale era più magico che mai. Lettere da Babbo Natale di J.R.R. Tolkien, uno dei padri della letteratura fantastica, è capace di far rivivere a chi lo legge le indimenticabili atmosfere da sogno tipiche di quando si era bambini. 

Si tratta di una meravigliosa raccolta di lettere, corredate da illustrazioni suggestive, che ogni anno, poco prima di Natale, J.R.R. Tolkien, nelle vesti di Babbo Natale, scriveva ai propri figli, allo scopo di raccontare loro le incredibili avventure vissute al Polo Nord, come le peripezie dei preparativi, i problemi dovuti al clima rigido, le battaglie contro i terribili goblin.

Pensate che meraviglia ricevere ogni Natale una busta con un francobollo proveniente dal Polo Nord, contenente una lettera dalla grafia tremolante firmata Babbo Nicola Natale!

La prima di queste lettere arrivò nel 1920, quando John, il maggiore dei figli di Tolkien, aveva 3 anni. L’ultimo messaggio, invece, risale al 1943 ed è indirizzato alla quarta e ultima figlia dello scrittore, Priscilla, allora 14enne.


Per più di 20 anni, le lettere arrivarono puntuali ogni Natale. A volte le buste, spolverate di neve e affrancate con i bolli postali del Polo Nord, venivano trovate in casa il giorno seguente la visita di Babbo Natale; altre volte le consegnava il postino. E le letterine che invece erano i bambini a scrivere scomparivano puntualmente dal caminetto quando la stanza era completamente vuota.

Col passare degli anni, la famiglia di Babbo Natale divenne più numerosa, e all’Orso Bianco del Nord si affiancarono gli Elfi della Neve, gli Gnomi Rossi, gli Uomini-Neve, gli Orsi delle Caverne e addirittura i nipoti dell’Orso Bianco, Paksu e Valkotukka, che arrivarono al Polo Nord per una visita e non se ne andarono più. L’Orso Bianco è comunque rimasto il principale assistente di Babbo Natale, nonché la principale causa di tutti quei disastri che hanno comportato pasticci e carenze nelle calze natalizie.

A volte, Orso Bianco aggiungeva i propri commenti alle lettere, scritti in grassetto. Ma non solo. Inventò anche un alfabeto basato sui disegni lasciati dai goblin sulle pareti delle caverne in cui si perse.

Un altro personaggio ricorrente è Ilbereth, un elfo che Babbo Natale prese come segretario, il quale lasciava sovente i propri commenti nelle lettere, con una grafia molto sottile a causa delle sue piccole mani.


Le avventure sono fantasiosissime, e le lettere si trasformano spesso in un divertente e divertito racconto che appassiona i lettori più piccoli e schiaccia l’occhio ai lettori adulti. E le parole giocano sempre con le immagini.

Anche nei momenti più tristi, quando la Seconda Guerra Mondiale infuria, Tolkien non dimentica di appendere la calza al camino e di scrivere a nome di Babbo Natale. Cambiano un po’ i toni, questo è certo, e anche i disegni risentono dell’evidente preoccupazione dell’autore, ma le matte avventure di Santa Claus riescono comunque a scaldare i cuori dei bambini.

È chiaro che per i figli di Tolkien l’interesse e l’importanza di Babbo Natale andava ben oltre il fatto che egli riempisse le loro calze di regali.

Ho amato moltissimo questa raccolta di lettere. Ho riso e anche pianto, soprattutto verso la fine, quando era ormai evidente che i figli di Tolkien fossero troppo cresciuti per appendere ancora le loro calze di Natale, e le lettere si apprestavano alla loro conclusione.

Ne consiglio la lettura a grandi e piccini, indistintamente, perché le avventure narrate da Tolkien sono talmente ben fatte da essere in grado di divertire, commuovere e far sognare chiunque. Unico presupposto: amare il Natale! E chissà, magari qualcuno raccoglierà l’esperienza di Tolkien per personalizzarla e farla sua!

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