Intervista: Andrew Sean Greer, il romanziere del tempo

Andrew Sean Greer, nato alla fine del 1970 a Washington D.C., figlio di due scienziati, è l’acclamato autore di “La storia di un matrimonio” e “Le confessioni di Max Tivoli”, insignito del California Book Award. Attualmente vive in California, insieme al compagno. Con il suo ultimo romanzo, “Le vite impossibili di Greta Wells”, ha vinto il Premio Bottari Lattes Grinzane 2014 e ricevuto il Premio Fernanda Pivano.

Siamo tutti il grande amore di qualcuno.” – La storia di un matrimonio
Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Ma ciò che amiamo si rivela una traduzione scadente di una lingua che conosciamo appena.” – Le confessioni di Max Tivoli

Come fai a scrivere degli incipit così accattivanti?
Probabilmente perché non nascono davvero come incipit. La storia un matrimonio, ad esempio, era iniziato come un romanzo furioso: una moglie degli anni Cinquanta che scopre il segreto del marito… ma poi è approdato da tutt’altra parte. Scrivendo proprio la prima pagina del libro, relativa alla poca trasparenza dei matrimoni, alla convinzione sbagliata secondo cui crediamo davvero di conoscere chi amiamo, che mi sono reso conto che era proprio questa la parte più accattivante, il fulcro dell’intera storia. Lo stesso è accaduto con Le confessioni di Max Tivoli. Credo succeda a tutti gli scrittori: si arriva ad un bivio in cui si può scegliere di raccontare una storia, semplicemente, oppure si può decidere di scrivere quella meno semplice, che scuote, che inquieta. Soprattutto te stesso.

Quali sono i tuoi scrittori del cuore? E il tuo eroe della finzione preferito?
Proust, Nabokov e Greene. Inoltre, leggo Wallace Stevens e Ann Carson. Amo molto la poesia, perché è capace di condurti lì dove vuoi arrivare molto più velocemente.
Il mio eroe preferito della finzione è indubbiamente un personaggio di Proust: il Barone di Charlus.

Il tempo è il tema principale di tutti i tuoi romanzi. Qual è il tuo rapporto con esso?
Sono letteralmente ossessionato dal tempo. Secondo molte concezioni religiose e filosofiche dovremmo vivere il presente, ma per quanto mi riguarda il futuro e il passato sono decisamente più importanti e significativi.

Un altro aspetto caratterizzante le tue storie è l’amore. 
Esatto. Probabilmente si scrive sempre lo stesso libro, perché si cercano risposte a determinati interrogativi. Ma sai che ti dico? E’ una fortuna che non le troviamo, altrimenti non sapremmo più cosa scrivere.

Parliamo del tuo ultimo romanzo, Le vite impossibili di Greta Wells. Un libro sorprendente. Com’è nato?
E’ successo dieci anni fa, quando ho male interpretato “Giorni memorabili” di Michael Cunningham. Pensavo di trovare un certo tipo di trama e invece ne ho trovata una completamente diversa. Solo a quel punto mi sono reso conto che avevo già creato la storia per il mio nuovo romanzo.

Come mai hai scelto questi tre determinati periodi storici per il viaggio di Greta? 
E perché il 1985 come tempo presente?
In un primo momento non avevo un’idea precisa degli anni che avrei scelto. Dopo approfondite ricerche, tuttavia, sono rimasto colpito da alcune ripetizioni nella storia americana, in particolare nella relazione tra guerra e malattia. Ho così compreso che se avessi ambientato la mia storia in questi anni, sarei riuscito a dar vita ad un gioco di specchi temporali. 
Solitamente nei romanzi in cui si viaggia nel tempo si parte dalla contemporaneità. Il 1985 però mi è parso un periodo interessante: le donne, dopo aver lottato duramente, cercavano di emanciparsi nella loro quotidianità effettiva ma costava loro moltissimo. Ricordo mia mamma condurre una vita difficile da gestire: lavorare, lasciarci a scuola, cucinare, lavare casa. 

Greta, a questo proposito, nel suo peregrinare si chiede se effettivamente esista un momento storico in cui sia semplice essere donna. 
E’ proprio questo il cuore della storia di Greta. Tuttavia, per me è stato palese solo dopo tre anni scrittura e riscrittura. Ma non solo. La protagonista è convinta che esista un luogo temporale perfetto, una sorta di Eden, in cui tutti sono felici, in cui le storture sono raddrizzate. Tutti noi, in fondo, vorremmo un luogo così. 

Perché hai scelto di raccontare questa storia dal punto di vista di una donna? 
Ti stupirò, ma in realtà nella prima bozza il protagonista era un uomo. Successivamente però mi sono reso conto che negli ultimi cent’anni le vite degli uomini non hanno subito le stesse trasformazioni radicali che invece hanno colpito le donne. Così ho abbandonato la prima bozza e ho assunto il point of view di Greta.

Descrivi con dovizia di particolari atmosfere e condizioni sociali delle tre New York. 
Sì, ho potuto dedicare molto tempo alla studio della storia di questa meravigliosa città, grazie ad una borsa di studio della New York Public Library. Per un anno ho goduto di un ufficio e di un collaboratore. E’ stato fantastico e illuminante!

Nel tuo romanzo c’è un personaggio la cui libertà di pensiero non viene scalfita dalle influenze derivanti dai diversi momenti storici. Si tratta della meravigliosa zia Ruth.
Mi sono divertito a scrivere di Ruth. Pensando a lei mi sono chiesto se noi tutti siamo sempre uguali, in ogni epoca, oppure se siamo semplicemente il prodotto del momento storico in cui viviamo. Nathan, ad esempio, è decisamente una creatura del suo tempo. Ruth, invece, è libera. Non si fa condizionare dalla mentalità del proprio tempo, dalle condizioni sociali. E penso che gli individui con queste caratteristiche siano in maggioranza donne.

Ho letto che Madonna ha opzionato i diritti cinematografici del tuo romanzo. Se potessi scegliere chi vorresti nei panni di Greta?
Uhm… fatico ad individuare un’attrice che possa impersonare la mia protagonista. Tuttavia, voglio confessarti una cosa: mentre scrivevo di Greta, mi è capitato di pensare ad Anne Hathaway. Di una cosa sono certo però: Meryl Streep sarebbe una straordinaria zia Ruth!

1 commento:

  1. Ho amato molto tutti i suoi romanzi e adesso sto aspettando con ansia quello nuovo. Bell'intervista :) Saretta

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