In libreria: "Amore al di là del tempo" di Anna Grieco

In libreria dal 13 Novembre per Linee Infinite Edizioni al prezzo di € 15,00 Amore al di là del tempo, primo romanzo di una scrittrice esordiente, Anna Grieco.

Quando Johanna, pentatleta italoscozzese e laureanda in medicina, si reca in Scozia per far visita alla nonna che adora, non immagina certo che stia per compiersi il suo destino, già preannunciato da sogni ricorrenti. Infatti nel corso di un’eclissi totale di sole nei pressi dell’ara celtica di Clava Cairns scompare all’interno di un cerchio di pietre di antichità immemorabile, ritrovandosi catapultata indietro nel tempo di circa otto secoli, e precisamente nel 1204. Soccorsa da Sir Nigel, un nobile cavaliere inglese, si ritrova però oggetto delle mire di William De Burgh, tirapiedi di Giovanni Senza Terra, così, dopo una serie di rocamboleschi colpi di scena sarà costretta a fuggire accompagnata dalla sorella del suo salvatore, Elizabeth. Quando ormai pare che la resa sia inevitabile, l’intervento di un manipolo di guerrieri scozzesi guidati da Colin Mackenzie evita loro la cattura, ma allorché gli occhi violetti di Johanna si posano sul possente guerriero che le sta dinanzi è il suo cuore a venire preso in trappola. Tra loro è subito invincibile attrazione, ma l’orgoglio e la cocciutaggine di entrambi diviene presto motivo di violenti scontri di personalità, che sfociano tuttavia in una sfrenata passione avvelenata dal tarlo della gelosia. Tra le mura di pietra di antichi castelli si dipaneranno le vicende di un amore avvincente e tumultuoso, un amore deciso dal Fato, un amore al di là del tempo…

Anna Grieco, 38 anni. Moglie e madre a tempo pieno di 4 splendidi figli vive a Barletta, in una bellissima città della Puglia famosa per la sua omonima Disfida. Appassionata lettrice sin da ragazzina, la scrittura è sempre stata la sua più grande passione, insieme all’amore per la mitologia classica e la letteratura fantasy, ed ora finalmente è riuscita a coronare il suo sogno di sempre pubblicando il suo primo romanzo.

Estratto
Si era svegliata di soprassalto, e con un gemito si era messa a sedere sul letto, passandosi una mano tra i capelli umidi. Era in un bagno di sudore, tanto che la leggera camicia da notte che indossava le si era praticamente incollata addosso, bagnata fradicia. Aveva di nuovo fatto quel sogno, il medesimo che da un anno a quella parte turbava tutte le sue notti non appena cedeva al fascino del dio Hypnos. Vedeva sé stessa inerpicarsi sulla cima di un’erta collina; il cammino, sotto di lei, era punteggiato da erica, felci e rocce grigie, mentre una lieve brezza agitava gli steli d’erba e gli arbusti selvatici, che su quella cresta erano presenti in abbondanza. Giunta in cima si ritrovava in una specie di radura circondata da alberi svettanti, dal tempo indefinibile, ed esattamente al centro di essa sorgeva un complesso megalitico di forma circolare, di proporzioni talmente enormi che sembrava quei massi giganteschi fossero stati trasportati sin lì da antichi giganti dalla forza sovrumana. Era appena prima dell’alba, il cielo era particolarmente terso e tutto taceva, stranamente. All’improvviso vedeva l’astro dorato del sole emergere lentamente attraverso i dolci pendii, e mentre esso proseguiva la sua ascesa, tingendo il cielo di rosati colori, uno dei suoi luminosi raggi saliva a baciare una per una le enormi pietre dritte come sentinelle, sino a raggiungere il punto esatto di congiunzione delle tre lastre ciclopiche poste al centro del complesso, che formavano una sorta di altare pagano, tanto che si aveva quasi l’impressione che da un momento all’altro potesse comparire un druido con la sua vittima sacrificale. Era allora che accadeva tutto: in un attimo, come dal nulla, apparivano imponenti guerrieri armati di spada, che con grida furibonde e assordanti, in netto contrasto con la quiete di qualche momento prima, combattevano ferocemente formando un gruppo unico.  Erano abbigliati chi con tartan da guerra, chi di cotta di maglia e vesti recanti i colori di un qualche imprecisato casato inglese, ma la cosa più strana era che in tutta quella bolgia c’era anche lei, i capelli biondi svolazzanti al vento come uno stendardo ed il bel volto devastato dalla furia mentre proteggeva, spada in pugno, una giovane donna che le si stringeva al fianco a capo chino, tanto che non riuscì a vedere il suo viso; fu un battito di ciglia, perché nel frattempo i guerrieri scozzesi avevano la meglio sui loro nemici, sbaragliandoli senza pietà, con il sangue che insozzava il terreno ai loro piedi. Subito dopo la scena cambiava, e lei si vedeva attraversare un fitto bosco che conduceva nei pressi di un laghetto naturale dai riflessi scintillanti. Dopo essersi spogliata si tuffava nelle sue profondità senza pensarci su due volte, nuotando come se si trovasse nel suo elemento, poi usciva come Venere dalla acque e si rivestiva con una tunica di foggia antica, all’apparenza medioevale. Alzava lo sguardo ed era allora che lo vedeva: dinnanzi ai suoi occhi increduli, fermo all’ombra di un albero, il dio Marte in carne ed ossa la fissava con uno sguardo rovente. Aveva i capelli neri come le ali di un corvo fermati alla nuca da un nastro dello stesso colore, spalle ampie e possenti fasciate da un plaid verde, rosso e blu assicurato su una spalla da una spilla a forma di falco, ed il corto gonnellino metteva in risalto due cosce granitiche e muscolose.
Ma ciò che maggiormente la colpì fu il suo viso: sembrava scavato nella pietra, e quegli occhi penetranti parevano in grado di mettere a nudo persino l’anima. Erano dello stesso colore dell’acciaio fuso e risplendevano come due braci infuocate. Ad un certo punto, quando era a pochi metri da lei, lo sguardo del guerriero si posava sul suo volto, e con una voce penetrante e decisa le sussurrava:
«Johanna Douglas Mackenzie, sei mia!»
Era sempre in quel preciso momento che puntualmente si svegliava, il cuore che galoppava come un cavallo imbizzarrito e con nelle orecchie quelle strane parole.
Quando riprese il controllo delle sue emozioni guardò la piccola sveglia d’argento posata sul comodino di fianco al letto: erano le otto di una domenica mattina, e poiché era ormai ora di alzarsi allungò le gambe snelle fuori dal letto. Si liberò della leggera camicia da notte, e dopo averla gettata con noncuranza sulla chaise-longue si tolse anche la biancheria intima ed andò a mettersi sotto la doccia, lasciando che l’acqua gelata cancellasse gli ultimi brandelli di quello strano sogno che il suo subconscio si ostinava a riproporle.
Dopo essersi asciugata prese da uno dei tiretti del suo armadio reggiseno, slip ed un paio di jeans sdruciti con un top a giro, e messasi davanti allo specchio diede un ultimo ritocco ai capelli.

Nessun commento

Powered by Blogger.