"Il peccatore" di Germano Dalcielo

“Questo libro è un’opera di fantasia, frutto della mente malata dell’autore. (...) Si declina ogni responsabilità se il contenuto di certe illazioni completamente arte factae dovesse ledere o intaccare la religiosità e/o la fede di alcuni lettori.”. Caspita! Più che una nota introduttiva, una specie di avviso programmatico anche piuttosto audace, che può ingenerare una certa curiosità e non poche aspettative ne Il Peccatore, romanzo di Germano Dalcielo uscito in self-publishing come e-book...

In effetti tali aspettative non restano del tutto deluse: Il Peccatore è una sorta di giallo con vaghe sfumature “nerastre” in forma di racconto lungo, più che di romanzo – siamo poco oltre le 100 pagine – e di tema storico-religioso (e tangenzialmente teologico) che di sicuro subisce l’influenza della cospicua produzione romanzesca uscita negli ultimi anni sul tema (nonché delle tante chiacchiere vaganti intorno) pur senza mai fortunatamente prendere foggia di pseudo-saggio o di pamphlet, anzi restando nell’ambito della più classica (nella forma) narrativa d’intrattenimento.

Certo, di velleità critiche su alcune delle realtà che fanno da sfondo alla vicenda ve ne sono – peraltro, dal mio personale punto di vista, sono pure del tutto giustificate – e si possono distinguere bene anche solo dando una rapida occhiata alla trama: un semplicissimo frate d’un convento sperso nella tranquilla campagna umbra ritrova, nei sotterranei dello stesso, un misterioso scritto evangelico di genere “apocrifo”, nel quale è descritta una realtà storica sulla figura, la vita e la fine di Gesù Cristo in grado di sovvertire l’intera dottrina cristologica cattolica, con conseguenze facilmente immaginabili per la credulità religiosa popolare e, soprattutto, per chi essa controlla. Infatti in Vaticano si conoscono bene l’esistenza di quello scritto scomparso e la sua potenziale pericolosità fin dai tempi passati: già l’ambiguo papa Leone X, nel XVI secolo, ne subì i deleteri “effetti”, mentre oggi è frà Remondino, il suddetto ritrovatore del misterioso scritto, a dover fare i conti non solo con la minaccia scaturente dallo stesso, ma anche con chi, molto in alto nelle gerarchie ecclesiastiche, non vuole che si conosca la scomoda realtà storica – nemmeno quando a volerla rivelare è una delle veggenti di Fatima in punto di morte...

Come già preannunciavo poco sopra, la trama vi farà probabilmente pensare a una certa recente produzione letteraria che dallo stesso tema, o dalle immediate vicinanze, ha attinto parecchio. L’argomento è però assai ampio, e non ci vuole molto per fantasticare su chissà quali misteri potrebbero essere celati negli inaccessibili edifici religiosi sparsi in luoghi spesso assai isolati... Dalcielo, su tale ampia base “scenografica”, costruisce una vicenda che intreccia due piani temporali, quello ambientato nel sedicesimo secolo di papa Leone X, e quello contemporaneo di Frà Remondino, il cui fulcro narrativo è per entrambi rappresentato dallo scritto apocrifo di Ischirione, il fantomatico autore dello stesso. In realtà il secondo piano temporale è preponderante rispetto al primo, il quale pare quasi più funzionale non tanto alla vicenda narrata quanto più al senso tematico della stessa, ovvero al mettere meglio a fuoco la “devianza” prettamente religiosa, nonché morale ed etica, di una gerarchia ecclesiastica che da secoli prolifera su segrete verità come quella che lo stesso Leone X avrebbe sostenuto: “Historia docuit cuantum nos iuvasse illa de Christo fabula”, cioè “la storia insegna quanto ci abbia giovato quella favola su Gesù”, che lo stesso Dalcielo indica come spunto primario dal quale la sua storia è poi nata.

Spiccano, su questa struttura narrativa, il suddetto taglio critico sull’essenza storica del potere religioso e, ancor più, la particolare ipotesi che l’autore offre sulla figura di Gesù Cristo, per la cui comprensione – prima che per l’accettazione, certamente non scontata – risulta interessante la Nota dell’Autore posta alla fine del romanzo. Inoltre è rimarcabile lo stile di scrittura, senza dubbio buono: la lettura fila via bene, con ritmo sempre sostenuto che solo a metà romanzo tende a indugiare forse troppo, in ogni caso restando costantemente gradevole, piuttosto ben rifinito e consono alla vicenda narrata  Di contro, l’eccessiva “compressione” di fatti e vicende intrecciate, pure per comprensibile licenza romanzesca, potrà forse ingenerare in alcuni lettori un’impressione di guazzabuglio storico (vuoi anche per qualche imprecisione cronologica), come se Dalcielo avesse “stirato” la vicenda per includervi un poco forzatamente eventi altrimenti del tutto avulsi l’uno all’altro. Sostengo sempre come ottima cosa il minor numero di pagine possibili – contro certi romanzi da centinaia di pagine che, non sapendo offrire una tensione narrativa costante, spesso diventano pesanti veramente come mattoni, come opere in sé e come oggetti veri e propri! – ma per Il Peccatore, appunto per rendere meno stirata la narrazione e più definita la logica di fondo, una qualche pagina in più non avrebbe guastato.

Comunque, nel complesso, Il Peccatore è un libro interessante, particolare nella tematica o, meglio, nella suggestiva speculazione che offre, che si legge gradevolmente e il quale, per essere un’opera in self-publishing, è certamente meglio di altri libri “griffati” e spesso più blasonati ma (vedi sopra) in valore assoluto quasi più utili a edificare muri.

Il peccatore, Germano Dalcielo
Self-publishing, 2011
pp. 120


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