"La mia India" di Paola Pedrini

Dici “India” e dici fascino, mistero, cultura plurimillenaria, incanto di luoghi intrisi di misticismo... Ma dici “India” anche per dire sproporzioni sociali, contraddizioni, povertà estrema, usi e costumi tanto diversi da risultare sgradevoli a tanti... Per un similare principio, il viaggio in India lo si può concepire come prettamente “turistico”, più legato alla visione della realtà di fatto, oppure più – per così dire – “spirituale”, cercando di vedere anche dietro quella realtà di fatto, a costo di rimanerne colpiti e spesso non troppo positivamente. Il tutto, senza poi considerare l’enorme quantità di luoghi comuni sull’India quale meta di viaggio, che contribuiscono a portare laggiù sia (per citare due categorie significative) il turista “ordinario” che non s’allontana d’un metro dal tour bus tanto quanto il neo-hippie in cerca di misticismo facile facile...

Paola Pedrini sa andare oltre tutto questo. E’ una viaggiatrice, una di quelle “vere” intendo, che quando parte verso una nuova meta sa lasciare a casa la propria quotidianità e tutti i suoi conformismi, che non se la porta dietro in modo che il proprio zaino di viaggio resti libero per metterci ciò che realmente riesce a trovare, nei luoghi dove viaggia, e soprattutto per fare che il cuore e l’animo ridiventino una sorta di tela vergine sulla quale tratteggiare finemente ogni nuova emozione, sensazione, esperienza provata e vissuta.

La mia India” è l’ideale concretizzazione di quanto sopra. Confesso che mi sono avvicinata a questo diario di viaggio con un poco di perplessità, in quanto non è raro che libri e resoconti di viaggio, pur all’apparenza “geograficamente” interessanti, sfocino nel banale, nel già-sentito-mille-volte o (peggio) in una autoesaltazione della propria indole turistico-avventuriera. Senza contare, come detto, che di libri di viaggio in e sull’India se ne possono trovare a centinaia...

Paola invece riesce ad ammaliare il lettore fin dalle prime parti di questo libro di poco più d’un centinaio di pagine (126, per l’esattezza), e lo sa fare proprio perché non scrive un semplice resoconto del suo peregrinare in India, compiuto nel corso di due viaggi (affrontati in totale autonomia), o quanto meno non lo scrive solo con gli occhi e con gli altri sensi ma soprattutto lo compila con il cuore e con l’animo, come accennavo prima, quasi che le immagini colte durante il viaggio Paola le rifletta dentro di sé, e da lì ne ricavi la descrizione e le parole da riportare sulla carta. In fondo le mete toccate lungo il subcontinente indiano – Delhi, Varanasi, Agra, Udaipur, Puttaparthi ovvero l’ashram di Sai Baba e Auroville, ove si trova quello di Aurobindo... - diventano quasi secondarie, se così posso dire, per come invece l’autrice sappia mettere in primo piano il piccolo/grande mondo umano (e non solo) che trova in esse, fatto di colori e sapori forti, profumi intensi e odori a volte disgustosi, visioni meravigliose e scene da pugno nello stomaco, il tutto però osservato e colto senza retorica, senza facile e forse preconfezionata suggestione, senza pregiudizi di qualsivoglia senso, ma “tenendo aperte le porte, le strade e la mente”, e con lo sguardo curioso, la costante consapevolezza di quale realtà vi sia intorno, la volontà di comprenderla il più a fondo possibile ma senza volerla farla propria, semmai facendosene accogliere e avvolgere – anche perché lei stessa afferma come sia difficile, forse impossibile per un occidentale, riuscire a capire del tutto una civiltà così ricca di contrasti e di antinomie tanto profonde.

Per tutto questo, il valore primario di “La mia India” – titolo peraltro che, inutile dirlo, riporta alla mente “La mia Africa” di Karen Blixen, anche per come nel proprio libro Paola rimarca la genesi in sé di un “mal d’India”, di un legame che nasce e che diventa subito nostalgia appena rientra nella quotidianità – è dato proprio da come in qualche modo si svincola dal tipico genere del libro di viaggio e pure del mero diario, per restare invece costantemente una specie di quaderno d’appunti con sopra registrate emozioni, più che osservazioni.

Insomma, un libro che ogni viaggiatore in partenza verso l’India dovrebbe portarsi appresso insieme a – e non al posto di – una “normale” guida di viaggio: questa, utile per non sbagliare strada e meta, “La mia India” perché effettivamente, come dice il noto adagio, lì è il viaggio a essere la meta. Ma è comunque un libro – pure veloce da leggere, come detto - che anche i non viaggiatori potranno apprezzare, per come è gradevolmente scritto. E non è detto che qualcuno di questi, una volta letto, non vada a spolverare il proprio vecchio zaino di viaggio, pensando all’India o a qualche altra meta...

La mia India - pensieri in viaggio, Paola Pedrini
Polaris - Per le vie del mondo, 2011
pp. 146 - € 13,00 

© Riproduzione riservata

2 commenti:

  1. Ho un´amica che parte per l´India tra pochissimo per starci due mesi. Pare che abbia trovato l´ispirazione per un regalo di buon augurio! :)

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